L’influenza dei social network sulla Primavera Araba

Chiamata Primavera Araba, la primavera del 2011 ha visto l’inizio di rivolte che hanno interessato Tunisia, Egitto, Libia, Siria e Bahrain e scatenate dal suicidio del tunisino Mohamed Bouazizi, un piccolo rivenditore di frutta e verdura, che si diede fuoco davanti alla sede del governatorato di Sidi Bouzid, come gesto di protesta per denunciare i maltrattamenti subiti dalle autorità e lo stato di  precarietà  e povertà in cui lui e la  gran parte della popolazione della Tunisia si ritrovava. Questo estremo gesto attirò l’attenzione di molti cyber-attivisti, che non persero tempo a riportare la notizia e a denunciare altri soprusi dovuti alla corruzione delle forze dell’ordine.

Grazie al web i blogger hanno reso molte persone coscienti e partecipi alla politica trasmettendo loro indignazione ed attivismo. Il carattere virale e repentino dei social media ha fatto in modo che video di maltrattamenti da parte della polizia, tweet e notizie su manifestazioni e proteste si espandessero con una velocità impressionante, aggiungendo sempre più persone alla causa (si protestava per la violazione dei diritti umani, per lo stato di estrema povertà in cui la maggior parte della popolazione versava, per la negazioni delle libertà individuali e per la corruzione delle autorità governative).Fu così possibile un’organizzazione sociale rapida e massiccia capace di affrontare le forze speciali di polizia e di far valere la propria voce in piazze e strade. Dunque il web non è l’unico strumento che ha reso possibile queste rivolte ( è doveroso ricordare che coloro che sono collegati ad Internet in questi paesi sono, nel migliore dei casi, il 35%.), perchè vi era un malcontento popolare ben diffuso tale che anche negli anni precedenti vi erano stati episodi di tumulti locali: Internet e i social media hanno solamente creato coesione a tanti piccoli movimenti locali innocui, creandone uno grande e pericoloso per i regimi delle regioni mediorientale e nordafricana.

La pagina web creata da Wael Ghonim "We are all Khaled Said"

La pagina web creata da Wael Ghonim “We are all Khaled Said”

La Primavera Araba è stata alimentata grazie a pagine Facebook come “We are all Khaled Said” , dedicata ad un giovane 28enne massacrato da due poliziotti che volevano perquisirlo, grazie a numerosi tweet su Twitter con etichettati con l’hashtag #25jan, il giorno d’inizio dei tumulti in Egitto, e grazie a Youtube, sito sul quale furono caricati video di veri e propri crimini commessi dalle autorità per reprimere le proteste, come esecuzioni di ribelli, sparatorie contro civili disarmati e quant’altro, e dei momenti in cui le piazze erano gremite di manifestanti.

Ma il web e i social media, questi catalizzatori di rivolte, che accelerano di fatto i processi di organizzazione dei rivoluzionari e agevolano lo scambio d’opinioni, potranno mai rimpiazzare i mezzi tradizionali, come volantini, fax, incontri segreti ecc.? E’ tutto oro quel che luccica? Internet, se usato per scopi come quello di cui stiamo parlando ora, può risultare un’arma a doppio taglio:

  • con una connessione a disposizione gli attivisti possono organizzare spostamenti repentini per un moto di protesta, ma le autorità a loro volta, monitorando i canali di comunicazione, possono anticiparli;
  • utilizzando solo piattaforme digitali si possono avere viralità e velocità di espansione delle informazioni impressionante, ma se il governo imponesse un Internet Shutdown ( pratica altamente antidemocratica, che prevede lo spegnimento di Internet limitando al massimo la libera informazione) questa grande dipendenza dal digitale risulterebbe problematica;
  • inoltre il mezzo social permette di diffondere rapidamente ideologie e pensieri, ma, vi è una grande percentuale di persone, soprattutto anziani o coloro che appartengono a una classe medio-bassa, che non sono affini ai social media oppure che non possiedono una connessione Internet, persone che quindi non possono essere mobilitate.

In conclusione, i social network sono sicuramente un grande supporto per la diffusione del pensiero libero e per l’attivismo politico, come testimonia questo importante esempio, ma non sono tutto e devono essere utilizzati con cautela. Il manifestante del futuro, non si identifica più come una persona che si incontra con altri dei suoi in luoghi segreti, per parlare della prossima mossa, ma è una persona che affianca i mezzi tradizionali a tweet, post, sms e mail.

Una testimonianza di violenza verso un cittadino disarmato da parte della polizia.

Simone Bonvicini

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