Progetto Prism. The Bit Brother.

Da quasi una settimana i giornali ed il mondo del web si sta occupando del caso PRISM, un sistema grazie al quale l’NSA, la National Security Agency degli Stati Uniti, intercetta, controlla ed archivia dal 2007 le comunicazioni online verso l’estero di milioni di utenti americani. L’inchiesta, o meglio, le due inchieste portate avanti dal Guardian e dal Washington Post erano inizialmente basate sulle dichiarazioni di un informatore anonimo rivelatosi poi essere un giovane analista della CIA, Edward Snowden.

Chi è Edward Snowden?

Il 29enne Edward Snowden lavora presso Booz Allen Hamilton,uno dei più importanti contractor della difesa e dell’intelligence statunitensi, come analista di infrastrutture per l’NSA e e precedente nella stessa azienda ha rivestito le mansioni di ingegnere di sistema, amministratore di sistemi, consulente capo per la CIA, consulente di soluzione e addetto al sistema di telecomunicazione per l’NSA. Insomma un curriculum di tutto rispetto e un’attività onerosa. Snowden, in un’intervista rilasciata ad Hong Kong, Paese in cui si è rifugiato per evitare conseguenze penale, spiega le motivazioni del suo gesto, del suo whistleblow ( whistleblower è colui che fischia nel fischietto, colui che denuncia pubblicamente delle attività illecite da parte del Governo o grandi aziende). Sostanzialmente egli ha agito non per interesse economico o ideologia politica, ma per un’esigenza morale: l’essere quotidianamente a contatto con ragguardevoli quantità di dati, molti dei quali ritenuti da lui “scioccanti”e “abusi”, ha mosso in lui il dovere di far sapere alle persone, al pubblico, cosa realmente succedeva nell’intelligence americano.

Nell’intervista sottolinea di non aver voluto assolutamente danneggiare gli Stati Uniti d’America, dato che non ha diffuso nessuna documentazione ( cosa che avrebbe potuto facilmente fare), riguardante stati di servizio di agenti in missione in tutto il mondo, l’ubicazione di basi segrete e quant’altro, mentre ammette di aver agito per l’interesse del pubblico: “progetti del genere sono una decisione che deve prendere il pubblico, non un impiegato del Governo”.L’analista si sente responsabile per ciò che ha creato, ovvero un sistema grazie al quale ogni persona può essere tracciata ovunque essa sia e che permette di raccogliere ed archiviare per uso futuro una quantità sempre maggiore di dati. La sua paura è che la situazione possa peggiorare di generazione in generazione, complice anche l’avanzamento tecnologico che permetterebbe sistemi di sorveglianza sempre più invasivi, e che si possa arrivare ad un punto in cui il Governo sa tutto di tutti, disponendo quindi di una libreria dati completa per la vita di ogni persona.

Ciò che Snowden si aspetta è che il suo sacrificio non sia vano. Dopo aver distrutto la sua brillante carriera e la sua vita, essendo costretto a vivere in fuga per il resto della sua esistenza, l’uomo spera infatti che la gente  alle sue dichiarazioni, ma che ci sia una risposta attiva con manifestazioni e rivendicazioni dei propri diritti. In Europa ci sono state reazioni dal mondo politico, dato che anche la privacy dei cittadini europei è a rischio: la cancelliera tedesca Angela Merkel ha dichiarato che farà pressione su Barack Obama per difendere la privacy dei cittadini europei durante il vertice della prossima settimana a Berlino; la vicepresidente della commissione europea Viviane Reding ha dichiarato che farà altrettanto durante l’incontro con i commissari statunitensi a Dublino. Ora è doveroso parlare un po’ più dettagliatamente  del sistema PRISM e su chi collabora con esso. ( Qui l’intervista)

Progetto PRISM

Come abbiamo detto precedentemente, il progetto PRISM consiste in un enorme macchina dello spionaggio per sgominare atti terroristici sia interni sia provenienti dall’estero. Esso agisce intercettando le comunicazioni tra gli Stati Uniti e non solo, ma anche acquisendo dati personali su persone viventi sul suolo americano. Questi dati, secondo la testimonsianza di Snowden, vengono sistematicamente archiviati per essere disponibili anche in futuro in caso di indagini o quant’altro. La gravità di PRISM secondo Snowden è che tutto ciò accade totalmente all’insaputa del pubblico, non a caso questo progetto è top secret.

Dalle dichiarazioni di Snowden si apprende il coinvolgimento di nove celebri aziende del settore informatico, le quali sono Aol, Apple, Facebook, Google, Microsoft, PalTalk, Skype,Yahoo e probabilmente pure Dropbox, mentre Twitter sembra non essere coinvolto. Nonostante ciò Apple se ne tira fuori dichiarando di non esser mai stata a conoscenza di PRISM e Google commenta così “Google si preoccupa seriamente della sicurezza dei dati degli utenti. Forniamo dati ai governi in conformità con la legge e rivediamo con grande attenzione tutte le richieste che ci vengono fatte. Di tanto in tanto qualcuno avanza la supposizione che abbiamo creato una back door, una porta di servizio per consentire al governo l’accesso ai nostri sistemi, ma Google non ha una back door attraverso cui il governo possa accedere ai dati privati degli utenti”.

Conclusione e riflessioni
La forza di un mezzo come PRISM ed il fatto che  sia effettivamente impossibile sfuggirgli è inquietante. Cosa succederebbe se la gente lasciasse correre questo vero e proprio scandalo accettando passivamente il controllo di tutte le loro comunicazioni online? Io personalmente penso che i timori di
Snowden possano tranquillamente realizzarsi, implicando una restrizione sempre maggiore della libertà sul web e una sempre più totale invasione della privacy arrivando a una situazione orwelliana da Big Brother ( sì; mi piace particolarmente Orwell, da come si intende da altri miei post), o meglio, Bit Brother. In questa eventualità saremmo persone spiate continuamente da un Governo cosciente in ogni momento della nostra posizione, condizione economica, ecc. Riguardo a ciò c’è una domanda che mi sta frullando per la testa da quando ho iniziato a scrivere quest’articolo: dato che ora come ora sto sostenendo la posizione di Snowden e contestando quella antidemocratica dell’NSA, posso essere considerato da PRISM ( sempre che finisca dentro il suo raggio d’azione) un individuo pericoloso, un sovversivo da inserire in una fantomatica Black List?

Penso inoltre che il progetto PRISM  sia la riprova che in un certo senso il terrorismo ha vinto, non tanto con gli attentati, ma riuscendo a distruggere i diritti fondamentali dello stato democratico. Con la scusa del terrorismo infatti,il Paese occidentale che si sente minacciato agisce imponendo un ferreo controllo sui cittadini per evitare qualsiasi epilogo sanguinoso. La naturale conseguenza di tutto ciò è che, con il tempo, vivremo in stati che si autodefiniranno democratici, ma che di democratico non hanno proprio nulla, forse solo la Costituzione.

 

Fonti:

Simone Bonvicini

Unione Europea: net neutrality in vista.

Neelie Kroes, l’attuale Commissario per l’Agenda Digitale, lo scorso 4 Giugno ha elencato ed illustrato al Parlamento  Europeo i punti salienti del piano sulla net neutrality che verrà presentato dalla Commissione Europea entro l’estate. Importanti le tematiche affrontate come la portabilità e i diritti dell’utente in rapporto con le Telecom.

Neelie Kroes al Parlamento Europeo

Neelie Kroes al Parlamento Europeo

Prima di tutto, cos’è la net neutrality?

Net neutrality è un termine coniato recentemente ma che affonda le sue radici nel passato, più precisamente nel 1860. Già allora una legge federale degli USA stabiliva che un messaggio inviato per via telegrafica doveva essere trasmesso in modo imparziale  in ordine di ricezione. Al giorno d’oggi la network neutrality  è un principio associato alle reti che forniscono connessioni Internet, servizi telefonici e trasmissioni televisive. Una rete viene definita neutrale se non vengono applicate restrizioni sulla fruibilità di servizi e contenuti da parte dell’utente. Una completa neutralità ovviamente è ancora lontana dall’essere raggiunta e per molti ha dei connotati utopici.L’idea di Tim Wu, colui che ha reso popolare il termine, è  che “una rete informativa pubblica massimamente utile aspiri a trattare tutti i contenuti, siti, e piattaforme allo stesso modo”. Prendendo in prestito e modificando adeguatamente una citazione orwelliana si vorrebbe arrivare ad un punto in cui “All digital contents are equal and there’s no digital content which is more equal than others “.

I sostenitori della net neutrality vogliono scongiurare una sorta di discriminazione tra diversi tipi di traffico web da parte degli operatori che forniscono banda larga, colpevoli di limitare volontariamente alcuni servizi concorrenti. Un caso celebre e che vide per la prima volta l’applicazione del principio di net neutrality fu quello, nel 2005, della Madison River Communications, gestore di telefonia locale accusata di bloccare volontariamente il traffico per i servizi Voice Over IP. Nel 2006 negli Stai Uniti fu presentato il documento Internet Freedom and Nondiscrimination Actche rendeva la discriminazione di alcuni contenuti e il danneggiamento nella trasmissione dei medesimi una violazione delClayton Antitrust Act, legge che previene pratiche di monopolio e/o concorrenza sleale.

Cosa propone la Kroes?

“L’Europa è rimasta indietro”, dice Neelie Kroes, sia per quanto riguarda le connessioni ultra-veloci, sia per ciò che riguarda la net neutrality. Il commissario per l’agenda digitale infatti vuole proporre una net neutrality tutelata per legge che garantisca un Internet aperta e trasparente e che salvaguardi l’utenza da pratiche scorrette delle telecom e che scongiuri comportamenti anti-concorrenziali tra quest’ultime ( un po’ come è sancito dall’Internet Freedom and Nondiscrimination Act). La proposta del commissario Ue ha degli obbiettivi ben precisi che sono indicati da questi punti :

  • Trasparenza nei contratti: ogni utente deve essere consapevole di ogni dettaglio del contratto che sta per sottoscrivere. Inoltre Kroen si scaglia contro quelle pubblicità ingannevoli degli abbonamenti Internet che promettono una velocità di connessione da x Megabit che non viene quasi mai raggiunta e che anzi, si tiene quasi sempre poco al di sopra di quel valore, scritto in caratteri infinitamente piccoli e posto alla fine
    Un contratto telefonico e tutti i suoi cavilli.

    Un contratto telefonico e tutti i suoi cavilli.

    di una delle ultime pagine del contratto, chiamato Banda Minima Garantita ( BGM) largamente inferiore da quello pubblicizzato. Questo è una tematica molto sensibile secondo la Kroen che afferma: “Molti Europei non hanno velocità e qualità per le quali pagano. Questo è un principio di base che si applica in altri mercati di consumo e dovrebbe essere applicato anche all’accesso a Internet. […] Meritiamo tutti una chiara promessa prima di firmare – non una cattiva sorpresa dopo averlo fatto. Dopotutto, quando compri una busta di latte, non ti aspetti che sia mezza vuota: lo stesso deve essere per un accesso a Internet da 50 Megabit.”

  • No ad atteggiamenti anti-concorrenziali:  ben vengano pacchetti Internet personalizzati dalle aziende con prezzi diversi a seconda del volume di dati e della velocità di connessione, si è in un libero mercato, non ci siano però episodi simili a quello della Madison River, in cui un operatore blocca i contenuti o i servizi di un’applicazione o azienda concorrente. A parte Slovenia e Paesi Bassi, stati nei quali la net neutrality è già legge, in Europa ci sono 100 milioni di persone che subiscono restrizioni sull’utilizzo di servizi VoIP  e messaggistica come Skype, Whatsapp, Viber, Tango ecc., che offrono un’innovazione nel
    Net Neutrality

    Net Neutrality

    mondo della comunicazione e che sono deliberatamente degradati o completamente bloccati solo per evitare concorrenze.

  • Libera scelta del provider: l’iter per cambiare provider è lungo ed ostacolato da un estenuante ostruzionismo che si configura con costi eccessivi,  noleggio di modem ecc. ed è condito con pratiche fastidiose come il rinnovo automatico del contratto dopo un anno. Si vuole fare in modo che i provider non abbiano più questo stra-potere sull’utenza (cercando di abbindolarla continuamente con subdole strategie) e si vogliono”riportare le persone sul sedile di guida.”.
  • Investimento nel servizio digitale nell’area europea:  “L’Europa è rimasta indietro: negli altri paesi, dagli Usa alla Corea del Sud al Giappone, la copertua è molto migliore. Per esempio nelle connessioni 4Gquesti tre paesi hanno complessivamente l’88% del mercato mondiale, mentre l’Europa ha solo il 6%” spiega la Kroes. Il mercato digitale europeo ha bisogno di un rilancio soprattutto per quanto riguarda il capitale umano specializzato nel settore Ict, che sarà in deficit di circa mezzo milione di unità nei prossimi anni.

Neelie Kroes mira quindi a una soluzione che possa essere  ” una protezione per ogni ogni europeo, ogni device, ogni rete: una garanzia di accesso a tutto Internet e a un Internet aperto, senza blocchi o ostacoli da parte dei servizi concorrenti.”

Fonti:

Simone Bonvicini

Yahoo! vs Shi Tao: quando i colossi Internet collaborano con i regimi.

Il giornalista cinese Shi Tao Fonte:http://www.englishpen.org/wp-content/uploads/2013/03/Shi-Tao-photo.jpg

Il giornalista cinese Shi Tao

Il caso

Il 20 Aprile 2004 Shi Tao, giornalista cinese del Dangdai Shang Bao, partecipò ad una riunione nella quale venne trasmesso un comunicato dal dipartimento della propaganda cinese riguardo il 15° anniversario nel Giugno 2004 della strage di Piazza Tienanmen del 1989. Questo comunicato, diretto a tutte le istituzioni pubbliche, specialmente gli organi di stampa, invitava, per evitare disordini di stampo democratico durante l’anniversario, a “indirizzare correttamente l’opinione pubblica” e a “non rilasciarepareri che non fossero coerenti con le politiche centrali”, in poche parole a non commemorare l’evento. Inoltre  nella comunicazione ufficiale si esortavano i giornalisti a non esitare a denunciare colleghi sospettati di avere contatti con elementi democratici al di fuori dalla Cina. Shi Tao inviò una sintesi della riunione ad un suo contatto negli Stati Uniti, che li girò al sito web Minzhu Tongxun  ( Forum della democrazia).

Il 24 Novembre dello stesso anno Shi Tao venne arrestato, la sua casa perquisita e il suo computer e il suo tesserino per esercitare la professione di giornalista sequestrati. Dopo essere stato in isolamento per un anno, gli è stato possibile contattare un avvocato,Guo Guoting, il quale, in seguito a minacce, è scappato all’estero. Senza nessuna difesa legale, Shi Tao è stato condannato a 10 anni di reclusione con l’accusa di aver divulgato “segreti di Stato”. Tutto ciò ha avuto anche ripercussioni sulla sua famiglia che ha subito rappresaglie e pressioni  dalle autorità.

Il ruolo di Yahoo! e le critiche

Yahoo! Mail logo

Shi Tao inviò la documentazione all’estero servendosi di un account su Yahoo! Mail. Il governo cinese si rivolse proprio a Yahoo! per ottenere informazioni sul mittente della mail. Informazioni che furono fornite senza nessun problema dal colosso del web e che associarono l’account della mail di Shi Tao al suo computer, dandone quindi la posizione esatta.

Censorship

Dura fu la reazione della Rete, soprattutto dall’associazione Reporter sans frontieresche attaccò il colosso accusandolo di essere un “informatore della polizia” e di operare contro la libertà d’espressione solo per interessi finanziari. Secondo l’agenzia questo comportamento non sarebbe una prerogativa solo di Yahoo!, ma anche di altri “big” del settore, che, pur di onorare contratti che rendono sostanziose somme di denaro, se ne infischiano dei diritti civili.

Chiarissima la difesa di Yahoo!, che attraverso un portavoce affermò di dover operare in ogni singolo Paese tenendo conto delle leggi vigenti e di non poter ignorare questa cosa in Cina,dato che in quel Paese il mercato di Internet  si sta aprendo sempre di più.

Navigando su Internet e cercando altri pareri a riguardo mi sono imbattuto in commenti davvero negativi, che addirittura paragonano questa complicità dei colossi occidentali del web  con il governo cinese per identificare e localizzare i dissidenti politici a quella dei delatori  con i nazisti per trovare gli ebrei. Cosa ne pensate a riguardo?

E’ giusto secondo voi mercificare la libertà di informazione, fornendo gli strumenti per ostacolarla solo per un mero guadagno economico?  Come in un precedente post, più precisamente quello su CISPA, possiamo osservare come giganti di Internet, che spesso si spacciano come sostenitori di diritti inalienabili, siano in realtà guidati dalla sola ed egoistica logica del profitto e agiscano solo per salvaguardare i propri interessi.

 

Fonti:

Simone Bonvicini

Attivismo online? Avaaz.org !

“La comunità on-line di Avaaz può agire come un megafono per attirare l’attenzione su nuove questioni; un faro che può illuminare l’indignazione generale sparsa qua e là in una campagna precisa; un camion dei vigili del fuoco pronti a dare una risposta efficace a un’emergenza venuta fuori all’improvviso”

Home page di Avaaz.org

Home page di Avaaz.org

Ma cos’è Avaaz? E di cosa si occupa?

Avaaz.org è un’organizzazione governativa che si occupa di petizioni online e promuove l’attivismo su temi sensibili e urgenti di natura internazionale, di cui parleremo più approfonditamente in seguito. Avaaz nasce nel Gennaio 2007 inizialmente dall’incontro di 2 organizzazioni, MoveOn, gruppo di azione politica online nato nel 1998 e guidato da Eli Pariser, e Res Publica, comunità con l’obbiettivo di promuovere il buon governo e la partecipazione civica fondata nel 2003 da Ricken Patel, Tom Perriello e Tom Pravda, alle quali si aggiungono successivamente SEIU,  piccolo sindacato americano, e GetUp!, organizzazione australiana costruita sulla falsariga di MoveOn. Li obbiettivi che questa organizzazione si prefissa sono riassunti in 5 lettere, Avaaz per l’appunto, nome che deriva da una parola in persiano il significato della quale è “voce”. Ma come agisce questa voce e, soprattutto, quali sono i campi in cui opera?

Come lavora il team di Avaaz e il grande ruolo della tecnologia

La comunità di Avaaz è molto ampia: opera in 6 continenti ed è disponibile in 15 lingue. Le attività svolte si svolgono online, firmando petizioni, finanziando campagne di sensibilizzazione ed inviando mail per appellarsi ai capi di governo, e anche sul campo con l’organizzazione di manifestazioni su strada.  La tecnologia ricopre un ruolo fondamentale nella vita di quest’organizzazione. Basta infatti un click o una foto, per portare all’attenzione di circa 21 milioni di membri problemi di natura internazionale ed è altrettanto facile fare in modo che migliaia di sforzi individuali si sommino tra loro fino a diventare un’imponente forza collettiva. Per garantirsi una totale indipendenza, Avaaz non accetta più finanziamenti da governi o enti, ma solo dai singoli membri, fino a un massimo di 5000$. In questo modo, secondo lo staff, “nessun gruppo economico e nessun governo può insistere perchè Avaaz sposti le sue priorità per fare comodo a un’agenda esterna”.

La decisione spetta ai membri

Le campagne  non vengono imposte dal team di Avaaz, anzi, grazie a dei sondaggi emergono delle idee. Una volta che viene scelta una tematica essa viene proposta alla totalità dei membri, con email che ne chiariscano ogni aspetto, e se essa riscontra un’approvazione rilevante allora il sito garantisce un sostentamento alla campagna: impegnandosi a portare avanti campagne pubblicitarie di sensibilizzazione, consegnado le petizioni dei membri a chi di dovere ed agendo in ogni modo necessario. Le campagne che hanno ottenuto  maggiore successo sono state proprio quelle suggerite dai membri di Avaaz.

Alcune campagne rilevanti

Le campagne portate avanti da Avaaz riguardano politica, guerre, ambiente e diritti civili. Qui ne verranno riportate alcune delle più significative:

  • Giugno 2009: Avaaz interviene anche nella protezione di veri e propri inestimabili tesori ambientali come la foresta pluviale del Brasile, la quale era sul punto di essere largamente ceduta alle aziende agricole brasiliane per il suo sfruttamento a causa di una legge. In soli due giorni l’ufficio del Presidente Lula fu tempestato da chiamate e mail dai membri di Avaaz, al punto che si raggiunse una revoca della legge.

    Campagna pubblicitaria nella metro di Washington contro le torture portate avanti a Guantanamo.  http://farm3.staticflickr.com/2744/4247871801_50afcd6bc3.jpg

  • Settembre 2009: per mettere fine alla tortura nella prigione di Guantanamo, su richiesta di molti membri, tra cui una netta maggioranza americani, Avaaz ha deciso di allestire nella metropolitana di Washington dei cartelloni pubblicitari, che ricordassero ai politici che la tortura è crudele ed illegale.
  • Gennaio 2012: quasi 3 milioni di firmatari aveva invece la petizione consegnata al Parlamento Europeo per chiedere che il disegno di legge ACTA fosse bocciato. In questo caso Avaaz ha avuto un ruolo rilevante per determinare la bocciatura della legge, come ha ammesso il presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz, in un comunicato stampa: “Sono rimasto molto impressionata dalla petizione di 2,8 milioni di persone di Avaaz che è stata consegnata recentemente al Parlamento europeo. Le preoccupazioni dei cittadini di tutto il mondo sono state tenute attentamente in considerazione dal Parlamento”.
  • Novembre 2012:  circa 1, 8 milioni di membri di Avaaz hanno firmato petizioni e non pochi hanno sostenuto finanziariamente la causa di riconoscimento della Palestina come 194° stato al mondo. L’ONU votò a favore del riconoscimento e ci fu una stragrande maggioranza di si. Questo il commento del delegato generale della Palestina in Europa, Leila Shahid: “”Avaaz e i suoi membri in tutto il mondo hanno svolto un ruolo cruciale nel convincere i governi a sostenere la richiesta del popolo palestinese per uno stato e per la libertà e la pace”.

 

Fonti:

Simone Bonvicini

 

 

CISPA was back. CISPA is gone. Again.

Ed è proprio oggi, 30 Aprile 2013, che il disegno di legge Cyber Intelligence Sharing and Protection Act (CISPA), è stato bocciato dal Senato statunitense, dopo essere stato reintrodotto nel Febbraio 2013 ed approvato il 18 Aprile 2013 dalla Camera dei Deputati degli Stati Uniti.

Ma di che si tratta? Cos’è CISPA?

CISPA è un disegno di legge, che fu inizialmente introdotto il 30 Novembre 2011, da Mike Rogers, deputato statunitense ed appartenente al partito repubblicano, e da altri 111 sostenitori. Anche in quel caso il disegno fu dapprima approvato dalla Camera dei Deputati ( 26 Aprile 2012), ma venne successivamente bocciato dal Senato. L’amministrazione Obama riteneva (ed è ancora dello stesso parere) che, se approvata, questa legge avrebbe costituito una seria violazione per la privacy dei cittadini ed una conseguente limitazione della libertà d’espressione. Il presidente degli Stati Uniti stesso, Barack Obamaminacciò di porre il veto a CISPA, anche se questo fosse passato in Senato, motivo che, sia allora sia oggi, ne ha decretato la bocciatura da parte dei senatori.

Infatti CISPA, se fosse diventata una legge a tutti gli effetti, avrebbe permesso al Governo statunitense di monitorare il traffico di informazioni in Internet e di accedere ad informazioni sensibili degli utenti senza avere bisogno di un mandato di un giudice, aggirando facilmente l’usuale iter giudiziario. CISPA è da intendersi come un ampliamento del U.S.A Patriot Act, legge entrata in vigore nel 2001 dopo la strage di World Trade Center e che rafforza il potere delle forze di polizia e delle agenzie governative FBI, NSA, CIA, per prevenire altri attacchi terroristici, ma intaccando la privacy dei cittadini. Inoltre, a differenza del Patriot Act, CISPA protegge da qualunque azione legale chi (per esempio Google, Facebook, Twitter, operatori mobili, provider Internet ecc.) condivide dati sensibili con il governo.

Il fine è quello di garantire la sicurezza nazionale e di scongiurare attacchi di terrorismo e cyber-terrorismo ed è da elogiare, ma il mezzo, ovvero il contatto con dati sensibili dei cittadini ( anche quelli dei Social Network), non lo è altrettanto. Il timore è che, con la scusa delle cyber-guerre e della lotta al terrorismo, CISPA venga utilizzato come strumento per sorvegliare l’attività delle persone in rete e soprattutto per affondare il file-sharing protetto da copyright, obbiettivo quest’ultimo di altri due disegni di legge precedentemente bocciati: SOPA e PIPA.

Queste due proposte di legge avrebbero permesso ai detentori di copyright ed al Dipartimento di Giustizia statunitense di procedere per vie legali contro quei siti colpevoli di aver diffuso o facilitato contenuti che violassero il diritto d’autore. Le durissime sanzioni avrebbero fatto in modo che il sito in questione fosse “isolato” dal mondo del web:

  •  divieto per network pubblicitari o per compagnie di gestione pagamenti ( Visa, Paypal) di intrattenere ogni genere d’affari con essi
  • rimozione da parte dei motori di ricerca del link del sito accusato
  • richiesta agli Internet provider di bloccare l’accesso.

In sostanza le “vittime” sarebbero stati i siti web, mentre CISPA, andrebbe a colpire direttamente gli utenti. Per questa basilare differenza, diverse sono state le reazioni del mondo del web.

Reazioni di Internet a CISPA

Non appena CISPA è stato riproposto, nel Febbraio di quest’anno, molte sono state le proteste e le iniziative online, che sono ulteriormente aumentate dopo l’approvazione della Camera dei Deputati:

  • per il 22 Aprile Anonymous aveva annunciato una sorta di sciopero per sensibilizzare l’opinione pubblica in rete a riguardo. In particolare, più di 400 siti web hanno aderito sostituendo i loro contenuti con messaggi, per mostrare i rischi che CISPA avrebbe significato e i motivi per i quali opporvisi
  • a partire dal 5 Aprile Avaaz.Org ha organizzato una petizione per fermare l’approvazione di CISPA ed ottenendo in poco meno di un mese circa 841.000 firme. Gli attivisti di questo sito definiscono CISPA un disegno di legge orwelliano, che permetterebbe alle autorità di “spiare” la maggior parte degli aspetti della nostra vita quotidiana ( sempre più strettamente legata ad Internet) come se fossimo costantemente sotto gli occhi del Grande Fratello. Ecco la petizione:

“In qualità di cittadini preoccupati, vi chiediamo di abbandonare subito il Cyber Intelligence Sharing and Protection Act (CISPA). Con gli eccessivi e inutili poteri di sorveglianza che vi attribuisce, mettereste in serio pericolo la nostra democrazia e le nostre libertà. Internet è uno strumento fondamentale per permettere alle persone di tutto il mondo di scambiare idee e lavorare collettivamente per costruire il mondo che tutti noi vogliamo. Vi chiediamo di mostrare una vera leadership facendo tutto il possibile per proteggere la nostra libertà in Rete.”

  • anche l’organizzazione internazionale Electronic Frontier Foundation (EFF) si è dimostrata spaventata a riguardo definendo CISPA “una pericolosa legge sulla cyber sicurezza che garantisce molto più potere alle compagnie per ottenere dati sensibili degli utenti” ed invitando tutti i lettori statunitensi ad inviare un messaggio ai senatori del proprio Stato per opporsi a tutto ciò
  • anche sui social network si hanno reazioni di opposizione a questa proposta di legge, come per esempio su Twitter in cui gli hashtag di riferimento sono #stopCISPA e #CISPAblackout.

    Alcuni tweet con l'hashtag #stopCISPA

    Alcuni tweet con l’hashtag #stopCISPA

Tuttavia, la reazione che si ebbe per opporsi a SOPA e PIPA fu di maggiore entità e coinvolse anche grandi compagnie come Mozilla, Google, Wikipedia, Reddit ecc. In questo caso invece è stato il contrario, ed è stata CISPA ad avere dalla sua grandi alleati come Intel, McAfee, IBM, Oracle ed altri.

Ciò accade perchè SOPA, oltre a condannare coloro i quali avessero diffuso contenuti coperti da copyright, avrebbe portato al banco degli imputati anche i siti web indirettamente complici della diffusione di questo materiale. CISPA si sarebbe concentrata invece sui singoli utenti ed avrebbe chiesto ai portali e social network i dati sensibili degli utenti da consegnare alle autorità competenti.

Per ora, CISPA, come prima di lei SOPA e PIPA, è stata bocciata, ma non è escluso che in un futuro non molto lontano possa essere riproposta. E’ chiaro che il fine, ovvero il garantire la sicurezza nazionale, sia un obbiettivo molto importante, ma vale la pena calpestare in questo modo la privacy dei cittadini?

Fonti:

http://en.wikipedia.org/wiki/Cyber_Intelligence_Sharing_and_Protection_Act

http://rt.com/usa/cispa-patriot-web-swartz-081/

http://mytech.panorama.it/internet/CISPA-sciopero-anonymous

Simone Bonvicini

L’influenza dei social network sulla Primavera Araba

Chiamata Primavera Araba, la primavera del 2011 ha visto l’inizio di rivolte che hanno interessato Tunisia, Egitto, Libia, Siria e Bahrain e scatenate dal suicidio del tunisino Mohamed Bouazizi, un piccolo rivenditore di frutta e verdura, che si diede fuoco davanti alla sede del governatorato di Sidi Bouzid, come gesto di protesta per denunciare i maltrattamenti subiti dalle autorità e lo stato di  precarietà  e povertà in cui lui e la  gran parte della popolazione della Tunisia si ritrovava. Questo estremo gesto attirò l’attenzione di molti cyber-attivisti, che non persero tempo a riportare la notizia e a denunciare altri soprusi dovuti alla corruzione delle forze dell’ordine.

Grazie al web i blogger hanno reso molte persone coscienti e partecipi alla politica trasmettendo loro indignazione ed attivismo. Il carattere virale e repentino dei social media ha fatto in modo che video di maltrattamenti da parte della polizia, tweet e notizie su manifestazioni e proteste si espandessero con una velocità impressionante, aggiungendo sempre più persone alla causa (si protestava per la violazione dei diritti umani, per lo stato di estrema povertà in cui la maggior parte della popolazione versava, per la negazioni delle libertà individuali e per la corruzione delle autorità governative).Fu così possibile un’organizzazione sociale rapida e massiccia capace di affrontare le forze speciali di polizia e di far valere la propria voce in piazze e strade. Dunque il web non è l’unico strumento che ha reso possibile queste rivolte ( è doveroso ricordare che coloro che sono collegati ad Internet in questi paesi sono, nel migliore dei casi, il 35%.), perchè vi era un malcontento popolare ben diffuso tale che anche negli anni precedenti vi erano stati episodi di tumulti locali: Internet e i social media hanno solamente creato coesione a tanti piccoli movimenti locali innocui, creandone uno grande e pericoloso per i regimi delle regioni mediorientale e nordafricana.

La pagina web creata da Wael Ghonim "We are all Khaled Said"

La pagina web creata da Wael Ghonim “We are all Khaled Said”

La Primavera Araba è stata alimentata grazie a pagine Facebook come “We are all Khaled Said” , dedicata ad un giovane 28enne massacrato da due poliziotti che volevano perquisirlo, grazie a numerosi tweet su Twitter con etichettati con l’hashtag #25jan, il giorno d’inizio dei tumulti in Egitto, e grazie a Youtube, sito sul quale furono caricati video di veri e propri crimini commessi dalle autorità per reprimere le proteste, come esecuzioni di ribelli, sparatorie contro civili disarmati e quant’altro, e dei momenti in cui le piazze erano gremite di manifestanti.

Ma il web e i social media, questi catalizzatori di rivolte, che accelerano di fatto i processi di organizzazione dei rivoluzionari e agevolano lo scambio d’opinioni, potranno mai rimpiazzare i mezzi tradizionali, come volantini, fax, incontri segreti ecc.? E’ tutto oro quel che luccica? Internet, se usato per scopi come quello di cui stiamo parlando ora, può risultare un’arma a doppio taglio:

  • con una connessione a disposizione gli attivisti possono organizzare spostamenti repentini per un moto di protesta, ma le autorità a loro volta, monitorando i canali di comunicazione, possono anticiparli;
  • utilizzando solo piattaforme digitali si possono avere viralità e velocità di espansione delle informazioni impressionante, ma se il governo imponesse un Internet Shutdown ( pratica altamente antidemocratica, che prevede lo spegnimento di Internet limitando al massimo la libera informazione) questa grande dipendenza dal digitale risulterebbe problematica;
  • inoltre il mezzo social permette di diffondere rapidamente ideologie e pensieri, ma, vi è una grande percentuale di persone, soprattutto anziani o coloro che appartengono a una classe medio-bassa, che non sono affini ai social media oppure che non possiedono una connessione Internet, persone che quindi non possono essere mobilitate.

In conclusione, i social network sono sicuramente un grande supporto per la diffusione del pensiero libero e per l’attivismo politico, come testimonia questo importante esempio, ma non sono tutto e devono essere utilizzati con cautela. Il manifestante del futuro, non si identifica più come una persona che si incontra con altri dei suoi in luoghi segreti, per parlare della prossima mossa, ma è una persona che affianca i mezzi tradizionali a tweet, post, sms e mail.

Una testimonianza di violenza verso un cittadino disarmato da parte della polizia.

Simone Bonvicini